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L’arte del realismo onirico: architettura, pittura e letteratura nell’opera di Arduino Cantàfora

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Il presente contributo critico interpreta l’opera di Arduino Cantàfora (1945) — architetto, pittore e scrittore — attraverso la nozione di realismo onirico, coniata per evidenziare la propensione dell’artista milanese a trasfigurare gli elementi della realtà secondo un processo tipico del mondo dei sogni. Tra l’inizio degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta del Novecento, egli affina una tecnica di lavoro destinata a diventare una peculiarità del suo modo di operare: prima progetta architetture, poi le dipinge e, infine, ne trae spunti per componimenti letterari. La sua è una ricerca che sottende una riflessione sullo spazio e sul tempo, ma, soprattutto, sulla frammentazione di queste due entità e sulla ricomposizione dei frammenti spaziali e temporali in un nuovo contesto. In ogni opera — per lo più racconti accompagnati da dipinti di architettura, ma anche grandi tele per mostre di pittura nonché libri di narrativa — ne sortisce un effetto straniante che sembra voler avvertire il lettore o l’osservatore dell’esistenza di una realtà onirica accanto a quella fattuale. È la realtà del ricordo che, trasformato dal trascorrere del tempo, diviene materiale per la creazione artistica. Il ‘ricordare’ così concepito, però, non è il risultato di una nostalgia insoddisfatta, bensì lo strumento attraverso cui l’artista avanza le sue personali idee di architettura, pittura e letteratura. Ecco allora che dietro l’apparenza malinconica delle immagini e le narrazioni allucinate prende corpo un’idea di città fatta di molte sedimentazioni storiche, nella quale il ricordo personale diviene memoria collettiva. Non solo. Esso diventa anche la testimonianza di una lotta per la città nel momento in cui la città si appresta a scomparire, subissata dalla metropoli, dalla megalopoli o, più banalmente, dal territorio diffuso. Tutte le opere menzionate nell’articolo suonano come un monito a non dimenticare quella città. Forse anche a sognarla.
University of Toronto Libraries - UOTL
Title: L’arte del realismo onirico: architettura, pittura e letteratura nell’opera di Arduino Cantàfora
Description:
Il presente contributo critico interpreta l’opera di Arduino Cantàfora (1945) — architetto, pittore e scrittore — attraverso la nozione di realismo onirico, coniata per evidenziare la propensione dell’artista milanese a trasfigurare gli elementi della realtà secondo un processo tipico del mondo dei sogni.
Tra l’inizio degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta del Novecento, egli affina una tecnica di lavoro destinata a diventare una peculiarità del suo modo di operare: prima progetta architetture, poi le dipinge e, infine, ne trae spunti per componimenti letterari.
La sua è una ricerca che sottende una riflessione sullo spazio e sul tempo, ma, soprattutto, sulla frammentazione di queste due entità e sulla ricomposizione dei frammenti spaziali e temporali in un nuovo contesto.
In ogni opera — per lo più racconti accompagnati da dipinti di architettura, ma anche grandi tele per mostre di pittura nonché libri di narrativa — ne sortisce un effetto straniante che sembra voler avvertire il lettore o l’osservatore dell’esistenza di una realtà onirica accanto a quella fattuale.
È la realtà del ricordo che, trasformato dal trascorrere del tempo, diviene materiale per la creazione artistica.
Il ‘ricordare’ così concepito, però, non è il risultato di una nostalgia insoddisfatta, bensì lo strumento attraverso cui l’artista avanza le sue personali idee di architettura, pittura e letteratura.
Ecco allora che dietro l’apparenza malinconica delle immagini e le narrazioni allucinate prende corpo un’idea di città fatta di molte sedimentazioni storiche, nella quale il ricordo personale diviene memoria collettiva.
Non solo.
Esso diventa anche la testimonianza di una lotta per la città nel momento in cui la città si appresta a scomparire, subissata dalla metropoli, dalla megalopoli o, più banalmente, dal territorio diffuso.
Tutte le opere menzionate nell’articolo suonano come un monito a non dimenticare quella città.
Forse anche a sognarla.

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